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Ho avuto modo di visionare l'intervista che Paolo Borsellino ha concesso al giornalista Fabrizio Calvi ed al regista Jean Pierre Moscardo il 21 maggio 1992, due mesi prima di essere assassinato. Questa intervista, videoregistrata a casa di Paolo Borsellino, non è mai stata trasmessa in televisione, se si eccettua la versione ridotta (mezz'ora anzichè cinquanta minuti) mandata in onda da RaiNews 24 nel 2000, otto anni dopo la morte dell'esimio magistrato.

In questa pagina riporto ciò che sono riuscita a trascrivere.
Ovviamente mancherà qualche pezzo, perchè ho visto la versione censurata... ops volevo dire "ridotta". Comunque, è sempre meglio di niente.

Per brevità, indicherò con FC il giornalista Fabrizio Calvi e con PB il grandissimo magistrato Paolo Borsellino. Mi scuso in anticipo se dovessi aver decontestualizzato parte delle affermazioni di Paolo Borsellino, ma non è colpa mia: ho solamente riportato parola per parola la versione ridotta del filmato trasmesso da RaiNews. E se questa è la versione ridotta...

[...]

FC: "Tra queste centinaia di imputati ce n'è uno che ci interessa: tale Vittorio Mangano, lei l'ha conosciuto?"

PB: "Sì, Vittorio Mangano l'ho conosciuto anche in periodo antecedente al maxiprocesso, e precisamente negli anni fra il 75 e l'80. Ricordo di avere istruito un procedimento che riguardava delle estorsioni fatte a carico di talune cliniche private palermitane. Vittorio Mangano fu indicato sia da Buscetta che da Contorno come uomo d'onore appartenente a Cosa Nostra."

FC: "Uomo d'onore di che famiglia?"

PB: "L'uomo d'onore della famiglia di Pippo Calò, cioè di quel personaggio capo della famiglia di Porta Nuova, famiglia alla quale originariamente faceva parte lo stesso Buscetta. Si accertò che Vittorio Mangano - ma questo già risultava dal procedimento precedente che avevo istruito io, e risultava altresì da un procedimento, cosiddetto "procedimento Spatola" che Falcone aveva istruito negli anni immediatamente precedenti al maxiprocesso - che Vittorio Mangano risiedeva abitualmente a Milano città da dove, come risultò da numerose intercettazioni telefoniche, costituiva un terminale dei traffici di droga che conducevano alle famiglie palermitane."

FC: "E questo Mangano Vittorio faceva traffico di droga a Milano?"

PB: "Il Mangano, di droga ... Vittorio Mangano, se ci vogliamo limitare a quelle che furono le emergenze probatorie più importanti, risulta l'interlocutore di una telefonata intercorsa tra Milano e Palermo nel corso della quale lui, conversando con altro personaggio delle famiglie mafiose palermitane, preannuncia o tratta l'arrivo di una partita di eroina chiamata alternativamente, secondo il linguaggio che si usa nelle intercettazioni telefoniche, come "magliette" o "cavalli". "

FC: "Comunque lei, in quanto esperto, può dire che quando Mangano parla di "cavalli" al telefono vuol dire droga?"

PB: "Sì, tra l'altro questa tesi dei cavalli che vogliono dire droga, è una tesi che fu avanzata alla nostra ordinanza istruttoria e che poi fu accolta al dibattimento, tanto è che Mangano fu condannato al dibattimento del maxiprocesso per traffico di droga."

FC: "E Dell'Utri non c'entra in questa storia?"

PB: "Dell'Utri non è stato imputato nel maxiprocesso, per quanto io ricordi. So che esistono indagini che lo riguardano e che riguardano insieme Mangano."

FC: "A Palermo?"

PB: "Sì. Credo che ci sia un'indagine che attualmente è a Palermo con il vecchio rito processuale nelle mani del giudice istruttore, ma non ne conosco i particolari."

FC: "Dell'Utri. Dell'Utri Marcello o Dell'Utri Alberto ?"

PB: "Non ne conosco i particolari. Potrei consultare avendo preso qualche appunto... cioè si parla di Dell'Utri Marcello e Alberto, entrambi."

FC: "I fratelli?"

PB: "Sì"

FC: "Quelli della Publitalia, insomma?"

PB: "Sì"

FC: "Perché c'è, se ricordo bene, nell'inchiesta della San Valentino un'intercettazione tra lui e Marcello Dell'Utri, in cui si parla di cavalli..."

PB: "Beh, nella conversazione inserita nel maxiprocesso, se non piglio errori, si parla di cavalli che dovrebbero essere consegnati in un albergo, quindi non credo potesse trattarsi effettivamente di cavalli, se qualcuno mi deve recapitare due cavalli, me li recapita all'ippodromo o comunque al maneggio, non certamente dentro l'albergo."

FC: "C'è un socio di Marcello Dell'Utri, tale Filippo Rapisarda, che dice che questo Dell'Utri gli è stato presentato da uno della famiglia di Stefano Bontade."

PB: "Palermo è la città della Sicilia dove le famiglie mafiose erano più numerose, si è parlato addirittura in certi periodi almeno di duemila uomini d'onore con famiglie numerosissime, la famiglia di Stefano Bontade sembra che in certi periodi ne contasse almeno duecento, si trattava comunque di famiglie appartenenti ad una unica organizzazione, cioè Cosa Nostra, e quindi... i cui membri in gran parte si conoscevano tutti, e quindi è presumibile che questo Rapisarda riferisca una circostanza vera."

FC: "Lei di Rapisarda ne ha sentito parlare?"

PB: "Rapisarda? So dell'esistenza di Rapisarda, ma non me ne sono mai occupato personalmente."

FC: "A quanto pare Rapisarda e Dell'Utri erano in affari con Ciancimino, tramite un tale Alamia."

PB: "Che Alamia fosse in affari con Ciancimino è una circostanza da me conosciuta e che credo risulti anche da qualche processo che si è già celebrato. Per quanto riguarda Rapisarda e Dell'Utri, non so fornirle particolari indicazioni, trattandosi ripeto sempre di indagini di cui non mi sono occupato personalmente."

FC: "Non le sembra strano che certi personaggi, grossi industriali come Berlusconi, Dell'Utri, siano collegati a uomini d'onore tipo Vittorio Mangano?"

PB: "All'inizio degli anni Settanta, Cosa Nostra cominciò a diventare un'impresa anch'essa, un'impresa nel senso che attraverso l'inserimento sempre più notevole, che ad un certo punto diventò addirittura monopolistico, nel traffico di sostanze stupefacenti , Cosa Nostra cominciò a gestire una massa enorme di capitali, una massa enorme di capitali, dei quali naturalmente cercò lo sbocco, cercò lo sbocco perchè questi capitali in parte venivano esportati o depositati all'estero e allora così si spiega la vicinanza tra elementi di Cosa Nostra e certi finanzieri che si occupavano di questi movimenti di capitali."

FC: "Dunque lei dice che è normale che Cosa Nostra s'interessi a Berlusconi?"

PB: "E' normale il fatto che chi è titolare di grosse quantità di denaro cerchi gli strumenti per poter questo denaro impiegare , sia dal punto di vista del riciclaggio, sia dal punto di vista di far fruttare questo denaro."

FC: "Mangano è più o meno un pesce pilota, non so come si dice, un'avanguardia?"

PB: "Sì, guardi, le posso dire che era uno di quei personaggi che, ecco, erano i ponti, le "teste di ponte" dell'organizzazione mafiosa nel Nord Italia."

FC: "Si è detto che ha lavorato per Berlusconi."

PB: "Non le saprei dire in proposito... Anche se, dico, debbo far presente che come magistrato ho una certa ritrosia a dire le cose di cui non sono certo poiché ci sono addirittura... so che ci sono addirittura ancora delle indagini in corso in proposito, per le quali non conosco addirittura quali degli atti siano ormai conosciuti e ostensibili e quali debbano rimanere segreti. Questa vicenda che riguarderebbe i suoi rapporti con Berlusconi è una vicenda - che la ricordi o non la ricordi - comunque è una vicenda che non mi appartiene. Non sono io il magistrato che se ne occupa, quindi non mi sento autorizzato a dirle nulla."

FC: "Ma c'è un'inchiesta ancora aperta?"

PB: "So che c'è un'inchiesta ancora aperta."

[...]